Il salame “di Sant’Olcese” ha una ricetta sua che affonda le radici in una storica tradizione locale; viene spesso indicato come il salame genovese di sant’Olcese perché la sua reputazione di eccellenza si è imposta nell’area genovese fin dal 1800.   Il processo di produzione è tenuto gelosamente segreto dai due produttori di Sant’Olcese; impiega carne suina e bovina in parti eguali e comporta un dosaggio particolare di ingredienti naturali e delle abili lavorazioni manuali.   La carne bovina proviene dagli allevamenti di razze Bianca Piemontese e Brunalpina dell’Alessandrino e del Cuneese e la carne suina proviene da allevamenti selezionati nell’Italia settentrionale, ma non è sempre stato così.

Il salame di Sant’Olcese

Nel 1998, quando ancora la carne suina del Salame di Sant’Olcese proveniva da curatissimi allevamenti locali, sopravvenne una nuova regolamentazione dei macelli, che obbligò i gestori di piccoli macelli – quali quelli dei produttori di salame di Sant’Olcese – a chiudere i battenti e con essi lasciar morire la filiera dell’allevamento locale, troppo piccoli quei macelli  per supportare i costi indotti dalle nuove regole sanitarie.    Le nuove regole erano state imposte dalla Commissione Europea, in vista dell’allargamento dell’Unione e del Mercato Unico Europeo ai Paesi dell’Est Europeo (Polonia, Romania, Bulgaria, in particolare..); imponevano ad esempio una presenza continua nel macello di un veterinario, un costo insopportabile per piccoli macelli che operavano saltuariamente.

Due parlamentari genovesi, Alberto Gagliardi al Parlamento Italiano e Franco Malerba al Parlamento Europeo promossero allora un’azione presso la Commissione Europeo e il Ministero della Salute del Governo Italiano per la protezione del Salame di Sant’Olcese, per la salvaguardia di una filiera e di una produzione di qualità, identitaria di un territorio, che veniva messa a rischio dalla nuova regolamentazione.  Ci fu anche una missione e un’audizione del produttore Andrea Cabella a Bruxelles, ma nonostante gli attestati di apprezzamento raccolti da ogni parte, il regolamento sui macelli non accolse eccezioni.  Non fu più possibile mantenere la piccola filiera suina strettamente locale, ma il Salame di Sant’Olcese ha saputo sopravvivere mantenendo la sua alta qualità fino ad oggi, impiegando sempre carni italiane, grazie all’impegno dei due salumifici di Andrea Pedemonte Cabella e  di Manuela Parodi con orgoglio e con grande impegno.

Il Diploma di Nobile Protettore.

Oggi si pone nuovamente un serio problema di sopravvivenza della filiera di salumi di qualità Sant’Olcese perché, per contrastare l’epidemia di peste suina, le regole sanitarie comunitaria hanno imposto uno “sterminio” di capi sani, che ha causato la chiusura molti allevamenti e la rarefazione delle forniture italiane di carne suina, che a sua volta mette in grande difficoltà i produttori di salame di qualità italiana.  C’è ancora bisogno di attenzione da parte della politica per salvaguardare una produzione di valore.